CAPITOLO 5
La notte passò senza pensieri, quella confidenza della sera prima era stata un bel momento, ma era ora di pensare ad altro. Alle sei e trenta, puntuale, il commissario si alzò, si rasò, si fece la doccia ed in poco tempo fu pronto a scendere a colazione. Mentre sorseggiava il caffè, vide Tiziana ritirare un vassoio vuoto e sostituirlo con una splendida torta di ribes. I loro sguardi si incontrarono, Boschi colse negli occhi della ragazza un misto di felicità e riconoscenza.
Era pronto per andare in ufficio, era una mattina particolare quella che lo attendeva.
Arrivò al commissariato, lo accolse Palumbo.
“Mario, sei pronto per la convocazione? Il signor questore sarà ben felice di vederti consegnare una montagna di carte già compilate! E figurati Riti! Quello vive di scartoffie e di rappresentanze ufficiali, come dice lui!”
“Sai dovete potete andare, tu e Riti?”
“Commissario, mi meraviglio di lei! Un solerte funzionario non dovrebbe adoperare certe triviali espressioni!”
Andarono avanti per un po', prendendosi reciprocamente in giro, segno di una complicità che si rinsaldava giorno dopo giorno.
Alle dieci precise il commissario salì in auto e si diresse verso la questura. Aveva deciso di muoversi in netto anticipo, un pensiero occupava la sua mente.
Percorse il lungomare in direzione sud, ammirando le palme che dividevano la carreggiata dalla pista ciclabile. Giunse ad una piccola rotatoria, la superò, continuò a costeggiare la grande pineta ma la pista ciclabile era scomparsa. Notò alcuni operai che piantavano dei piccoli pini marittimi, in sostituzione degli alberi danneggiati e spezzati a causa delle nevicate degli anni passati. Ormai il clima era diventato bizzoso, nevicava anche laddove non sarebbe stato logico aspettarsi.
Superò la pineta, un cartello indicatore annunciò l'ingresso nel territorio di Pescara. Il lungomare era ampio, i ristoranti ed i casotti degli stabilimenti balneari si succedevano con regolarità, voltando lo sguardo il commissario vide alti palazzi alternati a villini stile liberty. Di lì a poco i parcheggi ai lati della strada sarebbero stati riempiti, i palazzi avrebbero ripreso vita e la spiaggia sarebbe stata la meta dei tanti turisti che, come ogni anno, sceglievano la riviera abruzzese per le loro vacanze. Il commissario ripensò per un attimo alle sue vacanze di tanti anni prima, quando con la famiglia si recava su quel tratto di costa ligure tra Portofino e le Cinque Terre, dove le colline strapiombano in acqua e poche spiagge fanno da contorno ad un mare azzurro e cristallino. Di certo adesso non si poteva lamentare del mare abruzzese, tuttavia quei luoghi lontani, legati alla sua infanzia ed alla sua giovinezza, gli erano rimasti nel cuore. Boschi continuò il suo percorso, finchè vide comparire una scultura in pietra, chiaramente moderna. Era una fontana, dal centro della vasca si ergeva una specie di torrino, ai lati del quale tante aste scendevano fino ad incontrare il bordo della vasca. Si sarebbero detti tanti remi. Chiese ad un anziano che passeggiava con il cane:
“Mi scusi, che cosa è questa scultura?”
L'uomo lo guardò sbalordito, come se considerasse cosa ovvia conoscere la fontana. Ma l'accento del commissario ne aveva tradito la provenienza forestiera, così rispose:
“E' la nave di Cascella, qui la conoscono tutti. Se entra lungo questa strada qua a destra e fa un giro a piedi, potrà vedere Piazza Salotto, il cuore di Pescara. Se invece prosegue lungo la riviera, può raggiungere il Ponte del Mare. Lo hanno fatto da pochissimi anni.”
Boschi ringraziò la sua occasionale e gentile guida turistica, quindi proseguì. Giunse alla rampa di accesso del Ponte del Mare, che scoprì essere solo pedonale, imboccò la curva a destra e si trovò a costeggiare il porto canale. Il fiume Pescara, che bagnava la città della quale portava il nome, nel tratto finale aveva due ampie banchine in cemento, che da un lato permettevano l'ormeggio dei pescherecci e dall'altro ospitavano la stazione marittima. Vi partivano numerosi traghetti, soprattutto in primavera ed estate, che permettevano di raggiungere la Croazia e le Isole Tremiti ed erano molto apprezzati dai turisti e dai residenti. Superò barche ormeggiate, reti da pesca pazientemente riparate da mani sapienti ed esperte, il mercato ittico, finchè il centro di Pescara lo accolse. Aveva chiesto informazioni, sapeva che la questura doveva trovarsi in quella zona, l'agente Grossi si era offerto di accompagnarlo, ma il commissario aveva scelto di recarsi a quell'incontro con la sua auto.
Seguendo le indicazioni di Grossi il commissario percorse la rotatoria, fece come se volesse tornare indietro e girò a destra, per accedere alla banchina del fiume, che in quella zona era dedicata a parcheggio. Data l'ora non era possibile trovare un posto libero, tuttavia il commissario ebbe fortuna, approfittando di un furgone che stava liberando il proprio posto in quel momento.
Boschi scese, percorse a piedi una piccola rampa che permetteva di risalire dal piano delle banchine del fiume alla strada principale e finalmente la vide. Una serie di palazzine di colore chiaro, tutte allineate, ospitavano la questura. L'accesso era regolato da due cancelli, il commissario varcò quello per i pedoni. Consegnò il tesserino all'agente di guardia, che riconobbe il nome.
“Buongiorno commissario, la stavamo aspettando. Prenda il viale che sta alle spalle della guardiola, lo percorra fino in fondo, poi giri a sinistra. Salga nella palazzina A, al terzo piano. La seconda porta a destra dell'ascensore immette nell'ufficio del signor questore.”
Boschi fece l'intero percorso seguendo le indicazioni dell'agente, prontamente trovò l'ufficio. Ma non fece in tempo a bussare.
Accanto alla porta del questore il corridoio si allargava in una sorta di ampia nicchia. Si sarebbe potuta dire l'area ristoro, di quelle attrezzate con distributori automatici di caffè, bibite e snacks.
In realtà non c'era nulla di tutto ciò. La nicchia ospitava un tavolo e quattro poltroncine del tipo da attesa, un cestino.
Da una porta laterale sbucò un ometto piccolo e tondo, con un vestito elegante, occhialini cerchiati d'oro, senza un capello in testa. Boschi lo vide e non ebbe bisogno di chiedere chi fosse.
“Ben arrivato commissario, sono il Dottor Riti, il Capo di Gabinetto. E' in notevole anticipo, mi congratulo. Intanto mi dia i formulari, poi la annuncio al Signor Questore.”
Un largo utilizzatore delle maiuscole, pensò Boschi mentre gli poneva i pacchi di carte. Forse per bilanciare la sua ridotta statura e la sua corporatura esile?
Riti scomparve nell'ufficio del questore e ricomparve poco dopo. Era andato ad annunciare l'ospite.
“Prego commissario, si può accomodare.”
Boschi entrò nell'ufficio. Filippo Mazzotta, questore di Pescara, era un uomo sui sessant'anni, una figura imponente, i capelli grigi accuratamente pettinati all'indietro. Indossava un completo gessato blu, sul quale faceva bella mostra di sé una cravatta grigio chiaro. La giacca era accuratamente piegata e posata su una sedia, le maniche arrotolate della camicia bianca indicavano chiaramente che il questore era in piena attività. Mazzotta alzò gli occhi e squadrò Boschi.
“Venga avanti.”
Il commissario fece qualche passo. Il questore iniziò la sua disamina, leggendo la scheda del nuovo arrivato.
“Boschi Mario, nato a Casale Monferrato il 16 Aprile 1977. Studi classici con buon profitto, a sedici anni resta orfano di entrambi i genitori a causa di un incidente stradale. Un lungo calvario fatto di interventi e riabilitazioni, finchè a vent'anni si arruola nella Polizia di Stato. Allievo motivato e pronto all'azione, risulta essere il primo del suo corso. Presta servizio presso la questura di Torino, in supporto alla squadra del vicecommissario Achille Magnani. Da una sua geniale intuizione nasce l'operazione che porta alla cattura di due trafficanti di armi asiatici. In riconoscenza per i risultati ottenuti, l'agente Mario Boschi si vede assegnare il comando di una squadra operativa. Nel frattempo partecipa al primo concorso interno, che gli permette di assumere il grado di ispettore. Si iscrive alla facoltà di legge di Torino, si laurea in corso. Continua a prestare servizio come ispettore, dopo aver conseguito la laurea assume il grado di vicecommissario, dopo due anni viene nominato commissario per i meriti acquisiti sul campo. Viene proposto dal questore Magnani per il grado di vice, ma mostra di gradire la possibilità di dirigere un commissariato di Pubblica Sicurezza. La domanda viene accolta, dal 20 maggio viene assegnato al commissariato di Montesilvano, del quale assume il comando con decorrenza immediata.”
Il questore aveva letto la scheda a voce alta ed impostata, quasi senza prendere respiro. Si rivolse al commissario:
“Boschi, perchè ha rinunciato ad una brillante carriera a Torino?”
Il commissario non si scompose e replicò:
“Signor questore, lei ha ragione. Avrei potuto continuare a prestare servizio in questura a Torino, in fondo il questore Magnani, forse, aspettava solo che io gli dicessi di sì. Dico forse, signor questore, perchè il suo collega Magnani mi conosce bene. Sa che io sono un uomo d'azione ed amo le sfide, dirigere un commissariato significa per me stare per strada, respirare la polvere, capire la mossa del nemico per anticiparla. E' una promessa che ho fatto a me stesso a sedici anni, quando ho perso i miei genitori in quel terribile incidente.”
Filippo Mazzotta sorrise. Poi disse al commissario:
“Boschi, sapevo che mi avrebbe dato questa risposta. Achille Magnani è stato mio compagno di corso, siamo coetanei e molto amici. Ma le vicende della vita ci hanno allontanati. Quando abbiamo raggiunto il grado di vicecommissario, superando lo stesso concorso, Achille fu assegnato a Torino ed io a Pescara. Non ci siamo più spostati, ora ci sentiamo raramente, ma la nostra amicizia non è cambiata.”
Il questore si fermò un attimo, ammirò le foto dei familiari disposte sulla scrivania, quindi riprese:
“Io sapevo, da più di un mese, che la sua domanda sarebbe stata accolta e che lei sarebbe stato assegnato a Montesilvano. L'ho detto ad Achille, è stato entusiasta per me, ma sentivo una nota di tristezza nella sua voce. Boschi, sono lieto di averla tra noi. So che ci troveremo bene, Magnani ed io siamo fatti allo stesso modo. E questo sarà un buon punto di partenza per tutti e due.”
Il commissario appariva soddisfatto del colloquio, tuttavia si stava prolungando troppo, secondo il suo parere. Il questore parve capirlo.
“Boschi, non la trattengo oltre. Lei è un uomo d'azione, non è abituato a sostare in un ufficio. Da parte mia cercherò di convocarla solo quando strettamente necessario. Le chiedo solo, quando sarà il momento, di inviarmi dei dettagliati rapporti.”
“Non dubiti signor questore, farò del mio meglio.”
Si strinsero la mano, il commissario si avviò alla porta. Ma non aveva fatto che pochi passi, quando si sentì chiamare dal questore:
“Boschi!”
Il commissario tornò precipitosamente sui suoi passi, rientrando in ufficio. Il questore gli fece segno di chiudere la porta. Aveva in mano la scheda.
Mazzotta lo squadrò a lungo, soffermandosi di tanto in tanto sul foglio colmo di dati.
“Boschi Mario, Boschi Mario... lei non mi è nuovo, lo sa?”
In effetti anche il commissario aveva avuto la stessa sensazione, ma i dubbi lo avevano frenato. Ora quegli stessi dubbi erano scomparsi ed i due uomini si guardavano silenziosamente, alla ricerca di un particolare, un colore, qualcosa che potesse fornire un indizio a quelle menti concentrate.
Ad un tratto il questore si dette una gran manata sulla fronte:
“Ma certo! Boschi Mario, facoltà di legge di Torino, corso di perfezionamento post-laurea! La sua tesi fu presa a modello, Strategie e movimenti nel territorio urbano ed extraurbano !”
E finalmente il commissario capì. Aveva partecipato ad una serie di seminari di perfezionamento, uno dei quali era stato tenuto proprio dal questore Mazzotta. Boschi vi aveva partecipato in maniera attiva, apportando un utile contributo al dibattito.
“Mi ricordo perfettamente di lei! Sempre con quella mano alzata, sempre a chiedere chiarimenti, a fornire nuove linee di dibattito... quanto tempo è passato!”
Si alzò dalla scrivania ed abbracciò il commissario:
“Non prenda impegni, sabato sera è invitato a cena a casa mia. Sarà bello riparlare di quel periodo e posso approfittarne per conoscerla meglio.”
E così, eccolo servito. Maledizione, ma i suoi superiori non potevano limitarsi a leggere i rapporti, indire una conferenza stampa e chiudere il caso? Ogni volta ringraziamenti, fotografie... e dire che al commissario, in queste occasioni, sarebbe potuta venire la febbre.
Uscì dall'ufficio con aria soddisfatta, nonostante tutto. Il dottor Riti avrebbe voluto sapere l'esito del colloquio, ma il commissario era già per le scale.
E di certo il questore Mazzotta, dopo aver scoperto chi era il commissario Boschi, non avrebbe detto nulla a quell'ometto curioso.